Come riconoscere uno Scrittore della Memoria (e probabilmente evitarlo)

Vivere di Memoria nell’epoca dei calcinacci, della transizione tra ciò che è stato e ciò che ancora non è avvenuto, è affascinante e frustrante allo stesso tempo. Non più passato, non ancora futuro. Esistono ancora strutture sociali e culturali di entrambe le epoche. Nessuna delle due ha, ancora, il predominio sull’altra. Incidere o subire. Erroneamente, all’idea di passato è collegata la definizione di “ciò che non esiste più”; sarebbe più corretto parlare di “ciò che resta”. È questo che rende la realtà multiforme ed evita l’appiattimento di società e pensiero.

Una moneta il cui valore non può mai aumentare, ma soltanto diminuire. Un uomo che ha soltanto da perdere e che, proprio per questo, combatte. Soggetto sì alle leggi immutabili del tempo, ma consapevole della natura di quest’ultime e desideroso di cambiarle, suggellando la sua esistenza all’immortalità.

Quest’epoca è duttile e brutale. L’assenza di un nemico ben definito, di una cortina. La presenza di facce senza volti, evanescenti, intorno a noi. Il fumoso intreccio dei rapporti interpersonali, spersonalizzati; la precarietà plurima dei sé, l’esplosione di un sapere inarrestabile, fermato con lo scrollo di un dito.

Potrei continuare. Mi fermo per evitare a noi tutti l’umiliazione.

Arriviamo a noi.

L’altro giorno mi ha chiamato un amico, non lo sentivo da un pezzo. Mi invita da lui a pranzo. Accetto. Lo trovo in veranda a fumare. Giornata piacevole. Parliamo del più e del meno, poi lui si mette a cucinare e io a dargli una mano. Lui se la cava con i fornelli, io no. Quando arriva la sua ragazza è quasi pronto, apriamo la prima bottiglia. Iniziamo a mangiare. Si sta bene.

 

Stavo raccontando di quella volta che mi ero perso in montagna e avevo un lupo alle costole quando il mio amico mi ferma e mi dice:

– ripeti sempre la stessa, anzi ogni volta la fai più eroica. Senti questa invece. Stavo correndo sulla spiagg..

– Oddio, tu che corri sulla spiaggia non si può sentire.

– Si, cazzo, correvo sulla spiaggia ed era mattina, credo. Si era mattina e faceva un freddo che non ti dico. Un cazzo di gelo. Mi dico “che diavolo ci faccio qui” e faccio per tornare a casa quando un vecchio in calzoncini mi supera e allora “che diamine ti fai superare da un vecchio? Vallo a prendere stronzo”. Niente, quel vecchio non lo riuscivo a raggiungere e penso “è impossibile, non è reale, in pantaloncini poi”.

– Dubito che tu stessi correndo. E quindi che hai fatto? Sei andato a comprarti quei calzoncini? Se c’ero io lo fulminavo.

-No, ma che dici. Era veloce, davvero. Lo stavo perdendo quando gli cade una cosa da quei cazzo di pantaloncini. Me ne sono accorto perché ha rallentato e io ho continuato a correre. Lo vedo cercare qua e là sulla sabbia finché non mi vede arrivare e riprende a macinare metri. Tieni guarda qua.

Si alza e va verso la credenza con passo incerto. Torna con una specie di diario. È scuro e maledettamente piccolo.

– Che cazzo è? L’hai aperto? Che c’è scritto?

Lo tocco, è umido e duro e pesante per essere così piccolo.

– No. Cioè si. Voglio dire, solo un’ occhiata ma non ci ho capito niente. Volevo fartelo vedere, mi sembrava adatto a uno come te.

-Uno come me?

-Si cioè uno, tu lo sai, a cui piacciono queste cose. Scrivi ancora no? E se c’è una maledizione almeno sto tranquillo. Te la prendi tu. In amicizia.

– Grazie, ti voglio bene anch’io.

Il vino inizia a darmi alla testa, cerco di decifrare i primi righi ma è difficile. Le pagine sono lunghe quanto un dito. È scritto di getto, piccolo,una grafia incomprensibile. Non c’è spazio tra le parole e anche tra le lettere. Mi sento soffocare. Leggo una data, 2014. Almeno è recente. Ci sono dei numeri, sembra una lista, Avevo iniziato a credere che fosse davvero una maledizione. Fissazioni del cazzo.

– Allora, devo prendere l’aglio?

– Dammi carta e penna. E sta zitto.

Dopo dieci minuti e una buona dose di pazienza ho trascritto le prime 4 pagine del manufatto con grafia comprensibile agli esseri umani. Rileggo, facendo più attenzione al significato di quello che mi trovo davanti.

– Ma che diavolo è?

– Il titolo è “Come riconoscere uno Scrittore della Memoria (e probabilmente evitarlo)”.

– Che significa? Che storia è questa?

-Shhh.

 

“Come riconoscere uno Scrittore della Memoria (e probabilmente evitarlo)”.

1- Davanti a un nuovo oggetto, la prima domanda che lo Scrittore della Memoria si pone è: “dove l’ho già visto?”.

2- Un recipiente ha senso se contiene ciò che, altrimenti, andrebbe perduto.

3-  Ricordare tutto vuol dire sapere tutto. Il passato come memoria del futuro.

4- La filosofia della Memoria non è rimuginare fermi in un punto; ma fare in modo che questo non scompaia e usarlo come riferimento, quando necessario.

5- Far rivivere o tenere in vita qualcosa non è un atto di debolezza ma di vigoroso coraggio e puro onore. La fioritura mai nata va protetta, non estirpata.

6- Lo Scrittore della Memoria si fida degli echi del destino, li segue, li consuma finché non li compie.

7- Lo Scrittore della Memoria copia sempre se stesso, anche quando cambia.

8- Lo Scrittore della Memoria vuole essere ricordato per ciò che è; quando non ci riesce, per ciò che non è stato.

9- Solo una grande passione e una dedizione singolare verso la Storia muovono un individuo che ricorda. Trasformare la letteratura in memoria, il ricordo in vita.

10- Lo Scrittore della Memoria riempie di inchiostro una pagina con la stessa velocità con cui corre i cento metri.

11- Il demone della Memoria si nutre del ricordo, la vita. È il male incerto. L’approssimazione del suo passato, la parziale o totale distruzione dei tempi.

12- La filosofia della Memoria è un’evoluzione dell’ epoca d’oro. Quest’ultima nasce dall’inconsapevolezza, dal disvelamento degli eventi passati. La Memoria è una lotta titanica, consapevole. Combattere il dubbio, mettendo insieme i diversi piani temporali del sé è possibile. È la chiave per la verità. Ha un caro prezzo.

13- Ogni opera della Memoria subisce un processo di stagionatura, variabile da due giorni a due anni.

14- Recuperare se stessi è vivere se stessi.

15- Esistono cose che possono cambiare. Altre, semplicemente, non devono.

 

 

– Ehi Indiana, ti sei incantato? Non dirmi che abbiamo scoperchiato il fottuto vaso di Pandora.

– Non lo so cazzo, è contorto. Quando torno a casa cercherò di leggerlo e trascrivere tutto e capirci qualcosa. A proposito che ne è stato di quel vecchio?

-Quando ho alzato lo sguardo non c’era più.

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